La malasanità, in inglese definita dal termine medical malpractice, definisce una situazione nella quale un soggetto presenta ricorso per un servizio medico, ricevuto da un altro soggetto erogatore (come ad esempio una struttura sanitaria) per il quale non siano state seguite le linee guida e, di conseguenza, è stato cagionato un danno al richiedente. Nel Bel Paese è purtroppo una piaga dilagante, che imperversa ormai da moltissimi anni e con la quale le persone devono purtroppo fare i conti e dalla quale in qualche modo tutelarsi.
La legislazione italiana ha riconosciuto la responsabilità medica, da un tempo non troppo remoto. Difatti fino agli anni ’60-’70, ogni conseguenza, o eventualità non era riconducibile in alcun modo all’operato medico. Nel 1973, qualcosa iniziò a cambiare e la Corte Costituzionale precisò che il medico poteva essere ritenuto responsabile anche nei casi di imperizia per colpa grave e nei casi di negligenza ed imprudenza anche in quelli lievi. In Italia, oggi, è possibile richiedere un risarcimento danni per negligenza medica per motivi riconducibili anche ad imprudenza ed imperizia.
Si tratta di un argomento alquanto delicato, che deve essere affrontato con cognizione di causa e da professionisti del settore. Per questo motivo il consiglio è quello di rivolgersi ad esperti che sanno come muoversi in queste specifiche situazioni per ottenere risultati concreti. Specialisti come www.malasanita360.it che opera nel settore da decenni e che agisce sempre quando c’è davvero un errore medico, ottenendo notevoli risultati.
Imperizia, negligenza e imprudenza
Per quanto spesso e volentieri questi termini sono utilizzati come sinonimo, in realtà identificano tre diversi operati:
- negligenza – trascuratezza nell’operato
- imprudenza – insufficienze ponderazione di una determinata scelta
- imperizia – difetto di attitudine a svolgere una professione che richiede specifiche conoscenze
In tutte e tre le declinazioni colpose è poi possibile che vi sia la condizione più grave, che è quella rappresentata dal “dolo”, vale a dire l’intenzionalità. Per quanto riguarda la responsabilità del medico questa è possibile che si configuri nella struttura sanitaria, oppure nel medico stesso.
Responsabilità oggettiva
La struttura sanitaria ha responsabilità oggettiva nei confronti del paziente. In pratica la struttura sanitaria, a prescindere dalla diligenza, ha responsabilità nella scelta del medico, e in quella del controllo del suo operato. L’art.7 comma 1 della Legge Gelli-Bianco, stabilisce infatti:
“La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorche’ non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”.
Responsabilità soggettiva
Di contro la responsabilità del medico è invece soggettiva, connotata da dolo o colpa. Infatti tra medico e paziente si instaura un “contratto” secondo il quale il medico è obbligato a proteggere il paziente eseguendo una determinata prestazione sanitaria. La mancata esecuzione della prestazione sanitaria o la sua esecuzione non corretta, equivalgono all’inadempimento di una prestazione contrattuale da parte del medico.
A tal proposito si trova riscontro nell’art.7 comma 3 della Legge Gelli-Bianco:
“3. L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge”.
Legge Gelli-Bianco
In ambito di responsabilità medica e richiesta di risarcimento danni per negligenza medica, la legge di riferimento è la Legge Gelli-Bianco, entrata in vigore dal 01/04/2017. In pratica, prima che questa legge entrasse in vigore, abbiamo visto che la responsabilità del medico poteva essere inquadrata nell’ambito contrattuale. Con l’arrivo della nuova norma invece le cose sono un po’ cambiate.
In pratica la norma prevede che un medico non possa essere perseguito penalmente anche se ha agito con imperizia, fintanto che:
- abbia rispettato le indicazioni della linea guida (o le buone pratiche clinico assistenziali)
- le buone pratiche assistenziali e le linee guida seguite erano adeguate al caso
La cosa migliore da fare per ottenere un risarcimento danni per negligenza medica, è quella di evitare il procedimento penale. Questa strada infatti, di rado, porta ad un risarcimento, vertendo invece quasi sempre a favore del medico e/o della struttura sanitaria.
Risarcimento danni per negligenza medica: chi deve pagare e in che tempi
In caso venga inoltrata una richiesta di risarcimento danni per negligenza medica a pagare deve essere l’assicurazione della struttura dove si è verificato il fatto. Se l’errore invece è stato commesso da un medico privato, allora a pagare sarà l’assicurazione del medico stesso.
Non tutte le strutture mediche hanno un contratto assicurativo stipulato con una compagnia, perché la legge non le obbliga a sottoscriverlo. In questi casi però sono tenute a creare un fondo per risarcire le vittime di errori medici. Esistono casistiche anche miste, nelle quali il risarcimento proviene in parte dall’assicurazione della struttura e in parte direttamente dalla struttura sanitaria stessa.
La richiesta di risarcimento danni per negligenza medica deve essere presentata entro massimo 5 anni se a commettere l’errore è stato un medico privato. Nel caso in cui, invece, il problema sorto sia una conseguenza di un errore commesso da un dottore dipendente di una struttura sanitaria, allora la tempistica si allunga a 10 anni. Nella peggiore delle ipotesi, vale a dire in caso di morte, il danno può essere richiesto invece dagli eredi della vittima entro i soliti 5 anni dal fatto.