CBD e libertà di circolazione delle merci nell’Unione Europea
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il CBD è una sostanza che non presenta un alto rischio di abuso e che possiede potenziali proprietà terapeutiche.
Si tratta di una storica decisione presa di recente che ha segnato una pietra miliare all’interno dello sdoganamento della canapa light. Eppure, nonostante tutto ciò, ancora diversi Paesi occidentali continuano a essere caratterizzati da legislazioni piuttosto antitetiche con questo orientamento. E tra di esse rientra l’Italia, curiosamente ricca di shop di canapa light online così come fisici, ma allo stesso tempo tormentata da una normativa poco chiara che mette in seria difficoltà chi desidera acquistare prodotti a base di CBD.
In questo articolo approfondiremo lo status legale del cannabidiolo in Italia e allargheremo lo sguardo anche all’Unione Europea, illustrando una rivoluzionaria sentenza della Corte di Giustizia che ha avuto un effetto dirompente alla pari della decisione dell’OMS sopracitata.
L’incertezza legale sul consumo di CBD in Italia
La normativa italiana si allinea alle direttive europee, ma stabilisce anche delle regole interne. Ci sono limitazioni per la coltivazione del CBD, ma sono ammessi scopi cosmetici e alimentari. Per l’uso del CBD, non ci sono limitazioni sulla quantità di principio attivo utilizzata, ma la concentrazione di THC deve essere inferiore allo 0,6%, una tolleranza maggiore rispetto alla normativa europea che richiede un massimo dello 0,2%.
In Italia, è possibile coltivare, lavorare, vendere ed acquistare il CBD solo se si specifica la provenienza del prodotto, che deve provenire dalla Comunità Europea, come stabilito dalla legge numero 242 del 2016, in vigore dal 14 gennaio 2017. Tuttavia, non esiste una norma specifica riguardo al consumo di prodotti a base di cannabidiolo. E, fino a questo momento, spesso le autorità si sono mosse in direzione di un’interpretazione piuttosto restrittiva, al punto che chi fa uso di CBD rischia pesanti sanzioni amministrative.
L’augurio è che in un futuro non troppo lontano si effettuino delle integrazioni alla legge per chiarire questo punto, ma fino a quel momento è consigliabile limitarsi ad acquistare gli articoli a base di cannabidiolo esclusivamente a scopo collezionistico.
Libertà di circolazione delle merci vs. leggi nazionali: il caso Kanavape e la sentenza europea
Allarghiamo lo sguardo all’Unione Europea.
Non esistono norme comunitarie precise che regolano i prodotti a base di CBD e ogni Stato membro è libero di normare la questione entro certi limiti. Tuttavia, qualche anno fa la Corte di Giustizia Europea è intervenuta in una causa giudiziaria di cui parleremo a brevissimo e ha preso una decisione di grande rilievo in merito a questo tema: stiamo parlando di quello che è conosciuto come il “caso Kanavape”.
Il caso Kanavape ha visto l’omonima azienda francese sfidare la legge transalpina sulla cannabis che, fino a poco tempo fa, consentiva la commercializzazione di prodotti a base di CBD esclusivamente se ottenuti a partire dai soli semi o fibre della pianta.
Il problema è che il brand in questione, specializzato in articoli per lo svapo, aveva iniziato a vendere e-liquid al cannabidiolo che erano prodotti a partire dall’intera cannabis, comprese infiorescenze e foglie, di conseguenza in modi illeciti in base alle norme nazionali.
Allo stesso tempo, questi liquidi provenivano dalla Repubblica Ceca, Paese nel quale sono perfettamente legali.
Tuttavia, le autorità francesi hanno interpretato la legge in modo piuttosto restrittivo e Kanavape è stata sottoposta a sanzioni amministrative e giudiziarie. L’azienda ha quindi deciso di portare il caso davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CJUE) che nel dicembre 2020 ha preso la seguente decisione: il divieto francese sui prodotti Kanavape costituiva una restrizione alla libera circolazione delle merci nell’Unione Europea, sempre garantita qualora le merci in questione rispettino le norme dello Stato membro nel quale vengono prodotte.
In aggiunta, la Corte ha sostenuto che il CBD non è un principio attivo che comporta effetti psicotropi e che, pertanto, non rientra nell’ambito delle sostanze potenzialmente pericolose per la salute pubblica. Pertanto non sussistevano nemmeno motivi di natura medica validi per limitare l’operato di Kanavape.
In conclusione
La decisione presa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità riguardo al CBD costituisce un ulteriore passo sulla strada verso il pieno riconoscimento delle proprietà del cannabidiolo finora evidenziate dalla ricerca scientifica. Una ricerca che, certamente, deve ancora proseguire prima di poter dare risposte definitive in merito, ma che fino a questo punto sembra dare ragione a chi desidera un allentamento del proibizionismo ancora imperante in numerosi Paesi europei tra i quali anche l’Italia.
Nel Bel Paese la normativa in materia di CBD continua a presentare dei buchi legislativi che vengono riempiti dall’interpretazione di turno, nella maggior parte orientata in senso restrittivo. E il risultato è che i tanti italiani interessati all’offerta dei maggiori player del settore, come il noto e-commerce Justbob, sono costretti a fare estrema attenzione alle decisioni che prendono e ad aggiornarsi continuamente sulle pronunce giuridiche che arrivano talvolta a intervenire indirizzando una legislazione carente come questa.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in merito al caso Kanavape ha stabilito che nessun Paese membro può limitare in alcun modo la circolazione di merci prodotte in modo lecito, compresi gli articoli a base di CBD. Ciò potrebbe rappresentare una svolta anche per l’Italia e per gli altri Paesi europei che ancora faticano ad adeguarsi alla nuova realtà del cannabidiolo.